Charles Baudelaire nacque
nel 1821, a Parigi, dal secondo matrimonio dell'ormai sessantaduenne
Joseph-Francois, funzionario al Senato, con la ventisettenne Caroline
Archimbaut-Dufays. A sei anni era già orfano di padre. Nel 1833 entrò al Collège
Royal per volontà del patrigno, il maggiore Jacques Aupick. Ma poi la vita
sregolata e gli ambienti frequentati convinsero il patrigno a farlo imbarcare
sul Paquebot des Mers du Sud, diretto in India. Da questo viaggio sorse il suo
amore per l'esotismo, che riapparirà quindici anni dopo nell'opera Fleurs du
mal.
Nel 1842 ritornò a Parigi, dove aveva conosciuto Gerard de Nervale e si avvicinò
soprattutto a Gautier, che amò come un discepolo. Cominciò poi un lungo e
appassionato amore con la mulatta Jeanne Duval, ispiratrice di erotici
sentimenti, ma anche di purificato senso di pietà nei momenti tormentosi della
paralisi.
I debiti, da cui Baudelaire fu afflitto
per tutta la vita, indussero il patrigno a riunire nel 1844 un consiglio di
famiglia per interdire il giovane e affidare il suo patrimonio
all'amministrazione di Ancelle, notaio a Neuille. L'anno dopo Baudelaire tentò
il suicidio e poi uscirono le sue prime critiche d'arte e le sue prime poesie.
Nel 1848 partecipò ai moti rivoluzionari di Parigi. Nel 1857 pubblicò presso
l'editore Poulet-Malassis, I fiori del male, raccolta che comprendeva cento
poesie. Dopo qualche mese l'opera fu sequestrata e l'editore e l'autore accusati
di pubblicazione oscena. Il processo si concluse con pene pecuniarie e con la
censura di sei poesie.
Tentò nuovamente il suicidio nel 1861. Nel 1864, dopo un fallito tentativo di
farsi ammettere all'Acadèmie francaise, lasciò Parigi e si recò a Bruxelles,
ma il soggiorno nella città belga non modificò la sua difficoltà di rapporti
con la società borghese.
Malato, egli cercò nell'hashish, nell'oppio, nell'alcol, nell'etere il sollievo
alla malattia che nel 1867, dopo la lunga agonia della paralisi, lo uccise. A
quelle esperienze, e alla volontà di sfuggire alla realtà sono ispirati i
Paradis artificiels del 1861.
LA POESIA DI BAUDELAIRE
L'opera di Baudelaire, che avvertì la crisi irreversibile della società del
suo tempo, è varia e complessa. La sua poesia, incentrata sulla perfezione
musicale dello stile (egli stesso lo definì "matematico"), aprì la
strada al simbolismo e allo sperimentalismo, che avranno forti ripercussioni
nella poesia del Novecento. Particolare importanza ebbero anche i suoi lavori di
critico e di studioso di problemi estetici; i suoi scritti furono raccolti e
pubblicati postumi col titolo Curiosità estetiche e Diari intimi nel 1909.
Baudelaire non appartenne a nessuna scuola, fu indipendente, nonostante la sua
poesia derivi direttamente dal romanticismo. Sebbene i sentimenti che lo
ispirarono fossero puramente romantici, seppe esprimerli in una forma nuova,
attraverso dei simboli che riflettevano le sensazioni del mondo inconscio.
Fu il poeta della città "febbrile", pervertita, dei vizi e delle
miserie degli uomini, ma anche la ricerca ansiosa dell’ideale, il desiderio e
la paura della morte, la fuga dalla vita monotona e normale, la complessità e
le contraddizioni dell’uomo, furono temi ricorrenti della sua poesia. Nella
poesia L’homme et la mer, tratta da Les Fleurs du mal, Baudelaire compara il
mare all’animo umano. L’immensità della distesa marina, la mutevolezza
delle sue onde, diventano immagini simboliche che corrispondono ai diversi
aspetti e al mistero dell’animo umano.
L'esasperazione della ricerca romantica si razionalizza nella coscienza
dell'avvenuta frattura storica tra l'immagine dell'arte e la sostanza della
vita, tra idéal e spleen. La negazione della morale collettiva e la
rappresentazione del male, del demoniaco, del grottesco vengono ideologicamente
poste a fondamento della vita così come della poesia.
Il poeta, scrive Baudelaire, è come l'albatro. L'albatro domina col suo volo
gli spazi ampi: le sue grandi ali lo rendono regale nel cielo ma se gli capita
di essere catturato dai marinai si muove goffo e impacciato sul ponte della nave
e diventa oggetto di scherzi e di disprezzo; e sono proprio le grandi ali che lo
impacciano nel muoversi a terra.
Anche il poeta è abituato alle grandi solitudini e alle grandi profondità
delle tempeste interiori e in queste dimensioni domina sovrano; anche lui come
l'albatro può sembrare goffo e impacciato nella realtà quotidiana, nella quale
non si muove a suo agio. Il poeta insomma ha il dominio della realtà
fantastica, ma nella realtà quotidiana è un incapace e riceve l'incomprensione
e il disprezzo degli uomini, esattamente come accade all'albatro.
Il poeta è venuto sulla terra per interpretare la realtà alla luce del suo
sogno, ribelle alle convenzioni, inabile alla vita pratica, destinato a gettare
il discredito sulle comuni passioni, a sconvolgere i cuori, a testimoniare per
mezzo dell'Arte d'un mondo magicamente e idealmente perfetto. Per questo il
poeta è deriso e perseguitato; per questo Baudelaire nel 1857 venne processato
per il suo capolavoro I fiori del male, accusato di immoralità.
I FIORI DEL MALE
La bellezza della poesia baudelairiana è "sinistra e fredda", la
stesura di Les fleurs du mal ha richiesto «furore e pazienza» (da una lettera
dell'autore alla madre del 1857). Dal punto di vista formale, infatti, il lavoro
sul verso alla ricerca di una perfezione sempre sfuggente fu quasi ossessivo,
quasi un continuo duello con la materia da modellare.
Nell'io lirico di Spleen et ideal (una sezione dell'opera aggiunta nell'edizione
del 1861), il poeta proietta se stesso: il suo destino, simile a quello di un
angelo decaduto, è quello di essere contemporaneamente attratto dal cielo e
dall'abisso. Nel degradato mondo della metropoli moderna l'angelo decaduto si
aggira attratto dai paradisi artificiali degli stupefacenti, dal vizio, dalla
maledizione che lo perseguita mentre cerca la strada della salvazione